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lunedì 11 giugno 2012

L'Arte dei pescatori a Venezia

In un luogo così strettamente connesso con l'elemento liquido, le confraternite dei pescatori sono, naturalmente, tra le prime a formarsi. I pescatori di Chioggia fondano una prima associazione di mestiere già nel 792, nell'836 è la volta dei nicolotti, raccolti intorno alla Chiesa di San Niccolò dei Mendicoli.
Il governo pratica una severa politica ambientale per la conservazione e la difesa del patrimonio ittico, e dà voce all'esperienza acquisita dai pescatori, tanto è vero che i più anziani partecipano alle sedute del Consiglio quando vengono discussi problemi relativi alla laguna.
Nel 1227 l'Arte viene divisa in pescatori e compravendipesce. I pescatori, al ritorno dal lavoro con le loro tipiche imbarcazioni lagunari come il bragozzo o la togna, confluiscono nel punto ufficialmente deputato per la vendita all'ingrosso: il palo di Rialto, dove i compravendi fanno la stima del pescato per qualità e prezzo. L'offerta viene sussurrata segretamente alla rechia (cioè, all'orecchio), e la vendita al pubblico si farà nelle due grandi pescherie di Rialto e di San Marco. La prima dove si trova tutt'oggi, la seconda nei pressi dell'edificio della Zecca.
Quello del compravendi pesce è un mestiere lucroso e ambito che viene concesso solo a chi ha compiuto almeno cinquant'anni, e dopo esser stato pescatore per almeno venti anni. Una legge del 1433 stabilisce inoltre che bisogna essere originari di Venezia e avervi domicilio.
Nelle due grandi pescherie, una magistratura apposita controlla che il pesce marcio venga buttato e che siano rispettate le misure minime per la rivendita. Trucchi vecchi e nuovi connotano i venditori disonesti che insanguinano le branchie del pesce per farlo apparire morto da poco, o lo guarniscono con troppe alghe per nasconderne la cattiva qualità. Pene molto severe colpiscono i truffatori, che qui infatti non hanno vita facile.
Durante la giornata di vendita il pesce viene mantenuto in tinozze di acqua salata.
Una volta venduto, il pesce viene conservato con diversi metodi: la carpionatura, la salamoia, la conservazione sottolio, l'essiccazione e l'affumicatura.
Fonti documentaristiche medievali registrano che nelle case "ad ogni finestra, in ogni corte, sono stese collane di pesce che insieme ai panni sbiancano al sole". Pratica, questa, utilizzata ancora fino agli inizi del Novecento. Il pesce essiccato veniva poi ammorbidito con olio e condito con erbette di laguna, sale e pepe.
Si praticava anche la salagione casalinga, in questo caso il pesce veniva poi cotto su una base di cipolla e aceto, metodo che è alla base delle ricette di pesce dette "al saor", che qualche osteria propone ancora oggi.

domenica 29 agosto 2010

Venezia e le sue donne

Ci sono dei pregiudizi ancora abbastanza radicati sulla vita dei veneziani ai tempi della Repubblica. Sono pregiudizi che risalgono al 1818 quando apparve il libro di Pierre-Antoine Daru, Historie de la Rèpublique de Venise, che presenta il governo veneziano come regime bieco e tirannico. Niente di più falso.
Venezia fu il rifugio di perseguitati politici di altri stati, aveva una regolamentazione carceraria umana (cosa che ancora oggi non tutti gli stati hanno), e una politica sociale invidiabile. E la condizione femminile a Venezia appare unica per dignità e libertà, certamente ancora insufficiente ed inadeguata, ma di sicuro incomparabile con quella di altri stati in quella epoca.
Si legge nell'Editto di Rotari: "Se la moglie avrà ucciso il marito, sia uccisa, e i suoi beni siano assegnati ai parenti del marito, mentre se il marito avrà ucciso ingiustamente la moglie, paghi un risarcimento di 1200 scudi..." A Venezia viceversa abbiamo numerose sentenze di condanna per uxoricidio che prevedono la condanna a morte del marito. Anche nei casi di violenza carnale abbiamo numerose sentenze che vedono la donna in posizione vantaggiosa.
Nella civilissima Firenze la donna aveva meno possibilità che a Venezia di disporre dei propri beni in sede testamentaria. A Venezia la donna col divenire maggiorenne usciva dalla patria potestà (questo già a fine Trecento). A Venezia una donna poteva stipulare ogni tipo di atto: compravendite, locazioni, donazioni, prestiti.... Tutte possibilità impensabili altrove.
Questa ampia libertà ha permesso che a Venezia alcune donne si siano conquistate un posto nella storia: Elena Lucrezia Corner Piscopia, la prima donna laurerata nel mondo, Elisabetta Caminer Turra, considerata la prima redattrice letteraria in Europa, Rosalba Carriera, la prima pittrice donna a cui la società colta dell'epoca aprì le porte di corti reali e palazzi nobiliari, e Lucrezia Marinelli, prima femminista della storia, autrice del libro: Della nobiltà et eccellezza delle donne (1610).




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